Le Priore del Piatto di Sant’Antonio: da donne dell’anno al museo BÒNUM

Il Piatto di Sant’Antonio non è solo una tradizione, deve evolversi e diventare sempre più inclusivo. BÒNUM è un luogo dove conoscere divertendosi tra immagini e parole, video e racconti, emozioni e creatività

Nel 2024 hanno scritto una nuova pagina della storia della festa che celebra il Santo protettore degli animali. Per la prima volta un gruppo interamente femminile ha preso in mano le redini dell’organizzazione del Piatto di Sant’Antonio di Santa Maria degli Angeli. Sono le dodici Priore: Valentina Di Pasquale, Maria Cristina Lollini, Barbara Marconi, Roberta Rosati, Daniela Rosati, Stefania Proietti, Rita Nardone, Tiziana Borsellini, Rossana Calzolari, Marcella Della Bina, Francesca Bianconi, Alessandra Tarpanelli. Di certo hanno suscitato da subito curiosità e entusiasmo nella comunità.

Abbiamo incontrato alcune protagoniste di questa trasformazione nel nuovo museo BÒNUM al Palazzo del Capitano del Perdono, un altro tassello del loro operato. Un luogo incredibile, perché unisce interattività e tradizione, modernità e gioco, immagini e parole. Un museo davvero moderno e divertente, un unicum nel centro Italia dedicato ad una festa popolare. E sono state proprio le Priore a raccontarcelo, tra aneddoti, spiegazioni e sguardo proiettato in avanti. Perchè il futuro che non dimentica il passato, ma lo arricchisce con nuovi significati e visioni, crea un legame indissolubile tra le generazioni.

 

È un onore parlare con voi, siete state un bel cambiamento. Come state vivendo questa novità?

È stato un percorso interessante, anche se inaspettato. Siamo state coinvolte in un progetto che aveva un impatto forte, soprattutto perché rappresentavamo il primo gruppo di donne a essere investite di questo ruolo. Nel 2024, quando il consiglio dei Priori ha deciso di passare il testimone a noi, è stato un passo importante non solo per la festa ma per tutta la comunità di Santa Maria degli Angeli.

 

La provocazione è partita da te, Rita, con quel cartello rosa in piazza a gennaio 2024! Pensavi di arrivare a tutto ciò?

La mia decisione era stata maturata da tempo e non sapevo che non fossero stati trovati i Priori Entranti. Ritenevo che avessimo tutto il diritto anche noi donne di poter “servire” la nostra comunità. L’ispirazione è arrivata dal gemellaggio con le Priore di Sant’Antonio Abate dell’omonima Parrocchia di Desulo (Nuoro). E così, per farmi notare bene durante la processione, ho pensato di indossare un cappotto rosa ed esporre quel cartello. Indubbiamente ha suscitato reazioni contrastanti tra la gente, ma ha portato ad un coinvolgimento che ha spinto l’Associazione a riflettere sulla questione. E così è iniziata la prima Prioranza tutta al femminile! Una scelta che rappresenta un ulteriore passo verso l’uguaglianza di genere e la valorizzazione del ruolo delle donne nelle associazioni e nella società in generale.

 

Facciamo un po’ di storia. Come è avvenuta la vostra investitura?

È stata l’8 settembre, come Prioranza Entrante 2024. Tra i primi eventi che abbiamo voluto organizzare ci sono stati i  “Mercoledì con le Priore”, quattro appuntamenti con le Prioranze dagli anni ’70 ai giorni nostri per condividere memorie, raccontare le proprie esperienze, portare foto e oggetti. Per noi è importante che la comunità sia coinvolta per mantenere viva la tradizione e renderla partecipe alle nuove generazioni.

 

Oggi siamo nel nuovissimo museo “BÒNUM. Storie e tradizioni del Piatto di Sant’Antonio” che avete inaugurato il 12 gennaio 2025, dedicato proprio al Piatto di Sant’Antonio. Tu, Roberta, sei stata la vera fautrice di questo “sogno” che si realizza. Ma il percorso nasce da lontano, giusto?

È un po’ un museo del cuore, grazie a tutti i priori che nel corso degli anni hanno collezionato non solo ricordi ma azioni concrete di cura per questa Festa, patrimonio di ogni angelano. Nasce dall’idea di creare uno spazio che racconti la memoria e la cultura della nostra comunità attraverso gli oggetti e i momenti che hanno fatto la storia del Piatto di Sant’Antonio. Il Palazzo del Capitano del Perdono è perfetto: era necessario valorizzarlo e renderlo un luogo attivo per la comunità. Già dal 2013 era iniziato un lavoro di raccolta e documentazione dell’archivio della Festa prima con il presidente emerito Gabriele Becherini e poi con mio padre Fortunato Rosati, una raccolta basilare per progettare questo museo e che ritroviamo ben archiviate nelle videoinstallazioni. La svolta è stata nel 2023 con la partecipazione come cooperativa FARE, di cui sono presidente, al bando TOCC (transizione ecologica organismi culturali e creativi) in partenariato con Comune di Assisi e Associazione Priori, che abbiamo vinto. Il progetto, incentrato sulla cura del creato da parte di San Francesco e Sant’Antonio Abate, ha così previsto l’allestimento di un percorso espositivo didattico e innovativo.

 

È un museo estremamente dinamico e interattivo, con videoinstallazioni, pannelli touch e percorsi multimediali che viene voglia di provare subito: il gioco della Posta, Storia o Tradizione, le Testimonianze video… Ma partiamo dal nome: BÒNUM. Mi sembra proprio suggestivo.

Dovevamo trovare una parola che fosse funzionale anche a livello di marketing: qualcosa di universale, ma che potesse raccontare la nostra tradizione. E così, ci siamo concentrati sul concetto di “bene comune”. L’intuizione è arrivata osservando la piastra che si trova davanti al Palazzo, dove c’è scritto “Pax et Bonum”. Questo saluto di benedizione, tipico dei frati, che richiama il perdono e la pace, ci ha dato l’idea, perché affonda nel senso più profondo della Festa ed è una parola che risuona da secoli nella nostra valle. E soprattutto lega il Palazzo del Capitano del Perdono alle sue origini e all’amata Porziuncola. BÒNUM poi è latino ed è abbastanza comprensibile anche per i turisti stranieri.

 

Oltre al legame spirituale, in BÒNUM c’è anche un richiamo al gusto e quindi al Piatto…

Sì, esatto. Il termine evoca la bontà del cibo. Il Piatto di Sant’Antonio Abate, alla fine, è un gesto che aiuta concretamente le persone, e il cibo, in particolare, è uno degli aiuti più veri che possiamo dare. Il “piatto” in questo caso non è solo un oggetto, ma rappresenta un mezzo attraverso cui fare del bene. È un nome semplice, ma potente, che riesce a dire molte cose in un’unica parola.

 

Un museo che racconta la festa del Piatto di Sant’Antonio e l’associazione dei Priori è un bellissimo modo di preservare la memoria! Ma quanto è stato difficile, Roberta, portare avanti questo progetto?

Non è stato facile, però è un impegno che avevo promesso in particolare a mio padre, che era molto legato a questo progetto. Abbiamo voluto costruire un racconto che non fosse solo materiale, ma che avesse anche una forte componente culturale. Ad ispirarci è stato anche il Museo del Diario di Pieve Santo Stefano, dove abbiamo visto l’importanza della memoria come elemento non solo da esporre, ma da vivere e trasmettere. Per l’allestimento ci siamo affidati allo studio torinese auroraMeccanica. In tanti hanno contribuito affinchè tutto ciò diventasse realtà. A breve attiveremo un sistema di visite guidate con prenotazioni online.

 

 Parliamo degli abiti storici e del mantello, o meglio il tabarro. Tiziana, qui c’è esposta una bella rappresentanza. La tradizione vuole che ogni Prioranza realizzi il suo outfit. Come avete scelto il vostro stile?

È un momento tanto atteso dalla comunità, perché restano un segreto fino all’ultimo momento. Quindi abbiamo voluto fare qualcosa di speciale, ma nel pieno rispetto della storia. Abbiamo scelto uno stile di fine 1800, con un tocco di modernità. È stato un lavoro collettivo, che ha coinvolto una ricerca nei giornali d’epoca e all’archivio di Stato e anche l’intuito di una stilista che ci ha supportato. Ogni dettaglio ha il suo significato. Non è stato facile trovare il cappello giusto, ma questo modello rispecchia tutte noi. Qui esposti ci sono tabarri e cappelli che hanno fatto la nostra storia e devo dire che mi emoziona sempre rivederli, come questo: è il cappello personale del prof. Giovanni Zavarella, che da poco ci ha lasciato…

 

Bellissima questa parete dedicata ai tradizionali Piatti di Sant’Antonio, l’opera pittorica che accompagna ogni anno la festa. Vedo che lo spazio centrale sarà dedicato al piatto “dell’anno”. Ora c’è il vostro: come avete deciso i soggetti e simboli della decorazione?

Volevamo qualcosa di speciale che rispecchiasse il nostro anno e quindi in controtendenza. Abbiamo scelto una ceramica dipinta a mano, piuttosto che riprodurre digitalmente una tela su ceramica. Ci siamo affidati alla pittrice derutese Valentina Segoloni: in primo piano c’è Sant’Antonio Abate, ispirato all’opera di Piermatteo d’Amelia con i suoi tradizionali simboli iconografici: il fuoco, il bastone con la campanella, il maiale. La presenza del cavallo fa riferimento alla moria dei cavalli ricordata nella tradizione della Festa. Il paesaggio sullo sfondo è il monte Subasio e la Porziuncola con le porte aperte, quale richiamo all’Anno Giubilare 2025. E infine le donne che si incamminano, portando in dono brocche d’acqua: sono dodici e raffigurano appunto le Priore Entranti. L’acqua è simbolo di vita, nascita, benedizione, rinnovamento e servizio. Volevamo che questo piatto fosse un invito a guardare al futuro con speranza e unità.

 

E questo tavolo multimediale, Alessandra? Cosa succede se si attiva?

Puoi “gustare” virtualmente il menu tradizionale del piatto di Sant’Antonio, servito il giorno di Sant’Antonio Abate nei ristoranti di Santa Maria degli Angeli: rigatoni al sugo di carne, salsicce, polpette in umido, carne di manzo, pane, mele, arance, acqua e vino.

 

Il vino è immancabile sulla tavola della Festa. In questa vetrina ci sono diverse bottiglie di vino. Cosa prevede la tradizione?

Prima del 1977 si offriva il vino “rosciolo” e si prendeva direttamente dai contadini della nostra zona e servito a tavola in bottigliette da mezzo litro. Oggi il vino è diventato rosso, i Priori scelgono una cantina locale ed ogni bottiglia ha un’etichetta personalizzata, aggiornata ogni anno con il logo e i nomi della Prioranza Servente. Questo rende la bottiglia ancora più speciale, quasi un pezzo da collezionare.

E tutti questi foglietti colorati appesi?

Chi visita il museo può lasciare il “passaporto” del suo amico a quattro zampe. Scrivendo che animale è, colore del manto, tratto del carattere, le abitudini che vivono insieme. Poi noi porteremo tutti i passaporti alla benedizione degli animali il 17 gennaio e così chiunque, da ogni parte del mondo, parteciperà alla nostra Festa!

 

Come vedete il futuro della vostra Festa, ormai parte integrante della storia di Santa Maria degli Angeli?

Il nostro obiettivo è fare in modo che il Piatto di Sant’Antonio non solo rimanga una tradizione, ma cresca, si evolva e diventi sempre più inclusivo. Abbiamo un grande desiderio di far partecipare i giovani, di raccontare loro l’importanza di questo evento e come leggere l’identità collettiva. Aver creato un museo interattivo e giocoso ha proprio questo scopo, non solo per Santa Maria degli Angeli, ma per tutti quelli che vengono a visitare la nostra cittadina. Anche la sala didattica al piano superiore contribuisce alla parte esperienziale, soprattutto per i bambini, le scuole e le famiglie.

 

C’è qualcosa che volete aggiungere, magari un messaggio per futuri Priore e Priori?

Se possiamo dare un consiglio, questo incarico va affrontato con passione e con rispetto per la tradizione, ma anche con il coraggio di portare nuove idee. La nostra forza è stata proprio quella di lavorare insieme, di ascoltarci e di mettere sempre la comunità al centro. W il Piatto di Sant’Antonio!